Anche per la Pubblica Amministrazione sono sempre più significative le esperienze volte a dare evidenza ad aspetti non finanziari delle attività svolte e dei risultati conseguiti. Nonostante le norme non prevedano stringenti obblighi di rendicontazione per tali tipologie di organizzazioni, nella prassi si riscontrano svariati strumenti informativi che, pur trovando concreta redazione e denominazione sotto differenti modalità (bilancio sociale, bilancio di genere, bilancio (sociale) di mandato, bilancio etico, bilancio partecipativo, bilancio territoriale, resoconto sociale, bilancio socio-economico, bilancio di responsabilità, ecc.), sono in generale riconducibili alla cosiddetta “rendicontazione sociale” in ambito pubblico.
Il bilancio sociale, in particolare, rappresenta lo strumento informativo più utilizzato per arricchire la rendicontazione economico-finanziaria delle amministrazioni pubbliche. Lo stesso Ministero delle Funzione Pubblica ha definito il bilancio sociale come “l’esito di un processo con cui l’amministrazione rende conto delle scelte, delle attività, dei risultati e dell’impiego di risorse in un dato periodo, in modo da consentire ai cittadini e ai diversi interlocutori di conoscere e formulare un proprio giudizio su come l’amministrazione interpreta e realizza la sua missione istituzionale e il suo mandato” (Dipartimento della Funzione Pubblica, Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica sulla rendicontazione sociale nelle amministrazioni pubbliche, 17 Febbraio 2006).
Anche il bilancio di genere costituisce un ulteriore strumento informativo che ha conosciuto una significativa diffusione in diversi contesti della Pubblica Amministrazione. Incentrato sul principio di eguaglianza, tale strumento pone l’accento sull’impatto delle azioni politiche-amministrative su uomini e donne. Gli Enti pubblici ricorrono a tale bilancio al fine di misurare la ricaduta sulle persone (donne e uomini) delle politiche, degli interventi e delle decisioni di programma e di spesa, nonché per rendere conto della propria sensibilità e attenzione alle problematiche di genere. Tale strumento informativo ha peraltro trovato specifici riferimenti normativi sia a livello europeo che nazionale.
Oltre che negli Enti locali, le pratiche di rendicontazione non finanziaria si sono via via diffuse anche in altri settori della Pubblica Amministrazione (Istituti scolastici, Università, Aziende sanitarie, Camere di Commercio, Uffici giudiziari, Parchi nazionali, ecc.). Rispetto a tali più specifici contesti, sebbene le prime esperienze di rendicontazione siano prevalentemente riconducibili all’utilizzo di standard di rendicontazione di ampia portata — primo tra tutti, lo Standard GRI (Global Reporting Initiative) — sono stati di utile riferimento anche taluni documenti prodotti da riconosciute organizzazioni (ad esempio, lo standard RUS-GBS Il bilancio di sostenibilità delle università con le conseguenti Linee guida per l’implementazione; i documenti GBS su La rendicontazione sociale nel settore pubblico, La rendicontazione sociale degli istituti scolastici, e La rendicontazione sociale delle aziende sanitarie.
Tutte queste forme di rendicontazione hanno destato, nel tempo, un rilevante interesse in ambito pubblico non solo con l’intento di arricchire la trasparenza delle azioni messe in atto dalle pubbliche amministrazioni per la generazione di “valore pubblico”, ma anche di favorire la partecipazione dei cittadini e di altri attori locali alla vita pubblica.
In tale contesto, l’intento di monitorare anche le pratiche di rendicontazione sociale in ambito pubblico è volto a ricomprendere gli impatti sociali, ambientali ed etici prodotti dalle scelte politiche e gestionali degli enti pubblici nei confronti delle rispettive comunità locali.
Riferimenti normativi:
Linee guida per la rendicontazione sociale negli enti locali (7 giugno 2007)
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